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Un’annata olivicola da non sprecare – da Italia A Tavola

Di Redazione

Abbiamo un Paese spettacolare che può produrre ottima qualità a tutte le latitudini. Ma è solo una domanda esigente che può portare a un’offerta fatta di olio extravergine artigianale di altissima qualità.
È ora! I frantoi sono stati tirati a lucido da giorni, le ceste e i bins lavati con l’idropulitrice, comprati o affittati i nuovi pettini e raccoglitori automatici. Le reti slegate e le squadre di raccoglitori, provenienti da tutti i Paesi del mondo, allertate. La nuova campagna olivicola 2017 sta per cominciare; anzi, in alcune regioni si è già partiti o addirittura la raccolta è finita, a seconda delle piante a disposizione. Complice di questa strana “frenesia”, un’estate molto calda, che in certi casi ha sfiancato la tenuta delle olive. Chi ha potuto e ha dotato i propri terreni olivicoli di irrigazione a goccia, a farfalla o con mezzi di soccorso, si ritrova con splendide olive pronte per la spremitura.

Ma manca qualcosa – finalmente – dopo anni di presenza: la famigerata “Bactrocera oleae”, la mosca dell’olivo. Troppo caldo, troppa afa, al massimo in Italia se ne comincia a trovare qualche traccia non superiore al 10%. Anche perché adesso è tardi per preservare le olive dai suoi attacchi. Solitamente i tempi di carenza sono di 28 giorni, ovvero l’efficacia del principio attivo, anche se in alcuni casi l’ombrello protettivo si può abbassare a 15-20 giorni a seconda delle piogge o temperature sfavorevoli.

Quindi che fare? Raccogliere subito, ma in base a quale parametro agronomico? Seguendo l’invaiatura, cioè quando l’oliva non è né troppo matura né troppo acerba o seguendo gli strumenti atti a scoprire la durezza della polpa, come il penetrometro? L’importante è saper scegliere il frantoio giusto e non aspettare troppe settimane prima di portare le olive a frangere. Sarebbe un delitto aver lavorato bene tutta l’estate, avere delle olive sane e poi dover aspettare i comodi di frantoiani che non rispettano il lavoro degli olivicoltori.

Ovviamente la stragrande maggioranza di questi luoghi sono moderni, altamente tecnologici e puliti, ma bisogna ricordarci che prima si frangono le olive e si conservano in silos di acciaio inox (meglio se sotto gas inerte), prima conserveremo un olio dai profumi intensi e persistenti che dureranno per mesi e mesi e mesi. La filiera – per garantire sulle nostre tavole un olio di eccellenza – è composta da poche regole, che però devono essere seguite con cura certosina. Se solo si sbaglia un passaggio, si rischia di compromettere seriamente tutto il lavoro.

Osservando la situazione olivicola nel Mediterraneo, continua incontrastata la leadership della Spagna, che, con oltre 1 milione e 150mila tonnellate di olive (fonte: Teatronaturale.it) detiene la maggiore quantità nel bacino. L’Italia e la Grecia si contendono il secondo posto oscillando tra 270 e 300mila tonnellate. I famigerati Tunisia e Marocco si avvicineranno alle 100-200 tonnellate di olio extravergine.

Ma come sta l’Italia dell’olio evo di alta qualità, quello che piace a noi e che vorremmo vedere non solo nelle nostre case ma anche sulle tavole della ristorazione italiana? Potrebbe stare meglio, come si usa dire quando le cose vanno “benino”, ma non come vorremmo. E perché? Ignoranza del consumatore? Direi soprattutto poca consapevolezza e disorientamento, con una punta di ingenuità quando pensa di comprare un litro d’olio extravergine “civetta” a 3,99 euro, pensando di comprare “alta qualità”.

Ormai è chiaro a tutti che è la Puglia ad essere il polmone del nostro Paese, con la metà della produzione complessiva che si attesta su 120mila tonnellate. La Sicilia cresce con oltre 40mila tonnellate, coniugando quantità e ottima qualità. Varietà come Nocellara, Cerasuola, Tonda Iblea e Biancolilla, se estratte con professionalità, danno profumi eccezionali e unici. Restando nelle isole, la Sardegna avrà un calo dovuto alla fortissima siccità: da aprile in tutta la regione ha piovuto davvero poco. Ancora una flessione per le regioni dell’Italia centrale tra cui Toscana, Lazio e Campania. In lieve ripresa la Liguria e l’Abruzzo, dopo le annate nere dello scorso anno.